Tra le braccia della mamma
A volte i bambini al di sotto dei quattro mesi d’età vengono ricoverati nel reparto di chirurgia per sostenere un intervento. Pensare a un neonato in sala operatoria è sempre molto coinvolgente dal punto di vista emotivo. Ogni genitore, e non solo, preferirebbe sostituirsi al suo bambino piuttosto che accompagnarlo fino in sala operatoria. Purtroppo, a volte, la realtà richiede di affrontare anche queste prove. Come possono, allora, una mamma e un papà resistere all’intervento chirurgico del loro piccolo?
Se consideriamo che tutto il mondo di un neonato è rappresentato dalla sua mamma e, subito dopo, dal suo papà, allora sarà un po’ più facile pensare alla possibilità di far fronte all’intervento chirurgico. I rapporti che il bambino stabilisce con il mondo sono mediati dalla mamma, che interpreta e soddisfa i suoi bisogni fisici, psichici ed emotivi.
Prima di nascere, ogni bambino ha avuto quell’esperienza unica di sentirsi contenuto dall’utero all’interno della mamma e, dopo la nascita, la stessa sensazione può essere data dalle braccia materne che rappresentano il nuovo nido. È proprio in questo nido che il piccolo bambino impara a conoscere il mondo con tutte le sue cose belle e anche con le sue difficoltà. Nelle braccia della mamma, di solito, un bambino riesce a consolarsi per riuscire a superare sia i disagi fisici che quelli emotivi. In reparto, quindi, la mamma sarà, per il piccolo, tutto il suo mondo e i diversi fastidi dovuti all’ambiente diverso da quello familiare potranno essere facilmente superati grazie alle strategie che ogni mamma è in grado di trovare, per creare costantemente un «nido» per il suo cucciolo. I genitori e il loro bambino, dopo la nascita, imparano a conoscersi: i grandi imparano a tradurre il pianto del piccolo, provano a interpretarlo per soddisfarne i bisogni, imparano a comprenderlo, sanno cosa gli piace di più e cosa invece lo infastidisce. Un intervento chirurgico crea una brusca interruzione, rispetto a tutte quelle piccole certezze.
In un’esperienza come il ricovero in chirurgia si può procedere per tentativi ed errori, per riuscire a cogliere e accogliere i bisogni del proprio bambino durante il ricovero. Non è una situazione naturale, ma è necessaria e deve essere affrontata per riuscire a superarla e perché, col passare del tempo, possa essere raccontata al proprio bambino, ormai grande, evitando di cercare di cancellarla perché ancora troppo coinvolti. Dopo l’intervento, sembra che anche le braccia della mamma non siano sufficienti a consolarlo ma, come di solito accade, anche se i genitori non ne sono consapevoli, oltre alle braccia, sono le loro parole, i loro pensieri, la loro fiducia, il «vedrai che passa…», che aiuteranno il loro piccolo bambino a superare quel momento un po’ difficile. È proprio questo aspetto della funzione materna che aiuterà il bambino a sopportare qualsiasi tipo di frustrazione sia nel reparto di chirurgia che nella vita. La capacità dell’adulto, e non solo della madre, di riuscire a pensare traducendo con le parole qualsiasi tipo di dolore del bambino, permette a quest’ultimo di riuscire a contenere il proprio malessere senza esserne completamente invaso e gli consente di mantenere la speranza che tutto possa passare. E il papà? È di fondamentale aiuto per la mamma. Un papà potrà dare «il cambio» alla mamma vegliando sul bambino, potrà cullarlo finché non si addormenti e, cosa molto impegnativa, dovrà riuscire a sostenere la speranza che tutto passi in fretta quando la mamma non riesce più a sopportare il ricovero. Quello che vorrei sot-olineare è l’importanza della funzione materna esercitata dal papà sulla mamma. Può sembrare uno scioglilingua, ma quasi quotidianamente posso verificare nel reparto di chirurgia quanto sia importante la funzione del papà, affinché la mamma riesca a esprimere la sua con il loro piccolo.