La scuola come centro di relazione e socialità per bambini e ragazzi
Da un anno e mezzo a questa parte, bambini e ragazzi hanno vissuto il venir meno delle ritualità quotidiane, tanto importanti soprattutto per i minori più fragili. Da un giorno all’altro non hanno più potuto vedere gli amici e gli affetti esterni alla famiglia. Hanno sperimentato un modo nuovo – talvolta confuso – di fare scuola attraverso uno schermo.
Si sono ritrovati improvvisamente a non avere quello che era rilevante per loro: svegliarsi al mattino, andare a scuola e fare una vita in mezzo ai pari. Non sono stati solo gli impegni quotidiani a sparire, ma soprattutto i contatti affettivi.
Prima dell’emergenza sanitaria questa esperienza riguardava principalmente bambini e ragazzi ospedalizzati, con patologie acute e croniche, costretti a medio-lunghi periodi di degenza. Dopo il lockdown, tale vissuto è diventato un vissuto condiviso ed esteso a tutti i ragazzi, in tutto il Paese.
Alla fine del 2020 sono stati pubblicati i risultati del progetto “Crescere senza distanza”, promosso da Ministero della Salute. Un’iniziativa per contrastare la povertà educativa nel settore dell’apprendimento a distanza, che è partita dall’esperienza di bambini ricoverati a causa di malattie croniche. L’idea era quella di creare un protocollo “collaudato” in scuole di diverso ordine e grado nel Nord, nel Centro e nel Sud del nostro Paese, da mettere a disposizione di tutti per una riflessione sulla didattica a distanza durante l’emergenza sanitaria.
Da questo progetto è emerso chiaramente ciò che tutti hanno riscontrato nel periodo del lockdown: la scuola è relazione e socialità.
Agli occhi dei bambini e ragazzi ospedalizzati questa considerazione è chiara già da molto tempo e rappresenta da sempre una doppia sfida: da un lato affrontare un complesso iter di cure e dall’altro portare avanti un percorso di apprendimento in condizioni complicate.
Per quanto riguarda l’esperienza della Scuola a distanza in ospedale, i ragazzi coinvolti nel Progetto hanno valutato positivamente l’insegnamento individuale e personalizzato sia per quanto riguarda gli aspetti più legati all’apprendimento che per quelli legati alla motivazione e supporto psicologico, oltre all’impatto sulla relazione rapporto insegnante-alunno. Inoltre hanno espresso commenti positivi sull’organizzazione più aperta e flessibile, sulla sua efficacia per gli studenti che hanno difficoltà ad esporsi davanti alla classe.
Gli alunni della Scuola a distanza, invece, hanno riportato i seguenti risultati: nelle scuole primarie e nelle scuole secondarie di I e II grado, la didattica a distanza è piaciuta poco o abbastanza. Solo 1 un bambino su 5 dichiara di averla apprezzata molto. Una quota maggioritaria di alunni dice di aver imparato cose nuove ma solo gli alunni delle scuole primarie indicano in maggioranza molto. Negli altri due ordini di scuola le risposte si concentrano per lo più sulla categoria abbastanza. Oltre la metà degli studenti, di tutte le età, ha trovato le lezioni a distanza più faticose. La relazione è mancata molto in tutti e tre gli ordini di scuola: innanzitutto amici e compagni, ma anche gli insegnanti e altri aspetti della vita quotidiana scolastica.
Ho trovato interessanti i risultati di questo Progetto perché hanno permesso di fare un parallelo tra le due esperienze dando voce al vissuto di bambini e ragazzi.
È un dato di realtà che queste due circostanze non possano essere completamente assimilabili ma ci permettono di avvicinarci alla comprensione del vissuto di un bambino chirurgico ospedalizzato e del ruolo fondamentale che la scuola ricopre. Le lezioni non solo spezzano la monotonia della vita ospedaliera ma soprattutto permettono di aprire una finestra verso il mondo esterno, verso ciò che li aspetta una volta tornati a casa: il quotidiano. È altrettanto comprensibile come il vissuto di questi ragazzi possa essere maggiormente positivo rispetto ai pari che a causa dell’emergenza sanitaria sono stati costretti a casa.
La pandemia ha di colpo livellato l’esperienza scolastica di tutti i bambini, palesando le problematiche legate alla didattica a distanza prolungata, alla mancanza di contatti e relazioni con compagni, amici e insegnanti. Quest’argomento, che ultimamente ha sempre più spazio mediatico e importanza nel dibattito pubblico, rappresenta per i bambini ospedalizzati la normalità. Tale condivisa e nuova consapevolezza delle criticità che un’esperienza a distanza può avere sul bambino possa essere uno spunto di riflessione sul vissuto e sulle difficoltà che le famiglie di bambini ospedalizzati affrontano tutti i giorni.
Dott.ssa Alexandra Teodorescu- Responsabile Attività di Reparto di A.B.C.