Il gioco è un canale
Susanna è una bambina di 8 anni, arrivata con la sua mamma al Burlo per sottoporsi a un intervento chirurgico, al fine di correggere la sua scoliosi. Così come accade per tanti bambini che affrontano questo tipo di intervento, il percorso chirurgico di Susanna è stato lungo e complesso.
Entrando nella stanza di questa bambina si respirava un’aria incredibilmente gioiosa, la sua energia era in grado di travolgere chiunque le si avvicinasse.
Una mattina, mentre ero con lei in stanza, la madre ne approfitta per andare a prendere un caffè. Restiamo da sole, impegnate a giocare. La sfida provocava una certa eccitazione, tanto più le sue continue vittorie. Più vinceva e più esultava, balzando dalla sedia. Ad un tratto, saltellando, il peso che aveva dietro la testa si sgancia. Ecco che in quel momento, in maniera del tutto fortuita, leggo nei suoi occhi una luce completamente diversa, piena d’angoscia. Inizia a tremare, la paura si impossessa del suo corpo. Prontamente cerco di contenere quest’emozione, che non che non era riuscita ad affiorare attraverso le parole: stringo forte le sue mani e accompagno questo gesto a parole rassicuranti. Susanna si tranquillizza e l’infermiera ripristina immediatamente la situazione.
Da quel giorno in poi accade qualcosa di importante: inizia a condividere attraverso le parole la sua preoccupazione, dicendo improvvisamente e in maniera a-contestuale, ad esempio, «sai, mancano cinque giorni al mio intervento… ho tanta paura!».
In questo modo ci ha lasciato capire quanto dietro il suo atteggiamento tanto positivo e la sua continua voglia di giocare si nascondesse anche un bisogno vitale. Il gioco rappresentava certo un piacere, ma anche una distrazione, che le permetteva di allontanare il suo pensiero dai timori legati all’intervento.
Da quel momento, il gioco tra noi non è stato più solo uno svago, ma un’occasione per affrontare piano piano le sue paure e arrivare al giorno dell’intervento più tranquilla e preparata. Era importante far crescere in lei la fiducia verso i medici che di lì a poco l’avrebbero operata.
Per tantissimi bambini accade questo: attraverso il gioco comunicano il proprio disagio. E sempre attraverso il gioco si apre un canale attraverso il quale offrire loro sostegno emotivo.
Dott.ssa Angela Camelio
Responsabile delle attività in reparto