Il primo ingresso dei volontari in reparto
Quando decidiamo di donare il nostro tempo lo facciamo perché sentiamo dentro di noi una spinta e pensiamo che il volontariato potrà farci star bene e far star bene le persone intorno a noi. Tutto giustissimo, ma c’è dell’altro…
Vi racconto un aneddoto personale.
Durante il mio primo giorno di scuola, le maestre diedero a me e ai miei compagni: un foglio, delle tempere colorate ed una penna. Ci dissero di fare l’impronta delle nostre mani, di colorarle a piacere e di scrivere “Queste sono le mie mani”. Ovviamente la maggior parte di noi non sapeva ancora scrivere ma ce la cavammo scarabocchiando qualche lettera. Poi le maestre raccolsero tutti i disegni e li misero in una cartellina.
Passò così il primo anno di elementari e a giugno ci chiesero di ripetere l’esercizio, dopodiché appesero sul muro entrambi i disegni del “prima” e del “dopo”. Nella mia fantasia pensai che non ci sarebbe stata molta differenza, io ero la stessa quindi anche i disegni avrebbero dovuto per forza di cose essere uguali. Invece con profondo stupore mi accorsi che non era così che in quell’anno avevo imparato tante cose e non ero più quella di prima: avevo le manine un po’ più grandi e sapevo scrivere!
I motivi che in un primo momento ci possono spingere ad avvicinarci al volontariato potrebbero rivelarsi corretti ma non completi. Credo che si colga la reale motivazione di questa scelta soltanto in corso d’opera.
Il primo giorno in reparto è come andare sulle montagne russe. È un turno di osservazione che ci permette di prendere le misure, capire dove ci troviamo, come funzionano le cose e come stare con i bambini e genitori.
Riporto le parole di Diana che nel raccontare il suo primo turno in reparto scrive:
“Non volendo risultare invadente, ho preferito ascoltare piuttosto che parlare, ho cercato di intercettare uno sguardo o un sorriso che confermasse che la mia presenza fosse gradita”.
Tutti noi cerchiamo uno sguardo di conferma che ci possa far sentire desiderati e che ci rassicuri che ci troviamo nel posto giusto! In diverse Voci dei volontari viene riportata la meraviglia nel sapere che i bambini aspettano con impazienza l’arrivo delle Magliette Rosse. E questo fa piacere perché ci si sente riconosciuti, ci si sente d’aiuto.
Come scrive Laura: “La relazione è un aspetto fondamentale nella vita di qualsiasi persona”.
La relazione è il combustibile di questa attività, ciò che ci dà soddisfazione, che ci permette di andare avanti. Ciò che Renata ha descritto così:
“Avevo trovato quella soddisfazione che cercavo”
Invece, Niccolò racconta del suo rapporto con G., della complicità che si era creata e del dispiacere nel salutarsi:
“Era ora che tornasse a casa, non mancarono le lacrime e ad essere sinceri la notizia che G. sarebbe stato dimesso fu dolceamara perché ovviamente eravamo felici che tornasse a casa ma allo stesso tempo eravamo tristi perché non ci saremmo più visti ogni giorno”.
Invece, Niccolò racconta del suo rapporto con G., della complicità che si era creata e del dispiacere nel salutarsi:
“Era ora che tornasse a casa, non mancarono le lacrime e ad essere sinceri la notizia che G. sarebbe stato dimesso fu dolceamara perché ovviamente eravamo felici che tornasse a casa ma allo stesso tempo eravamo tristi perché non ci saremmo più visti ogni giorno”.
La mancanza ed il senso di perdita è anche la dimostrazione che quello che ora percepiamo come vuoto prima era pieno. Un bambino che si dispiace nel tornare a casa perché non può continuare a giocare con i volontari è un bambino che porterà con sé un ricordo felice del suo periodo in ospedale.
Il nostro esserci come volontari si modifica nel corso del tempo e solamente guardandosi indietro ci si rende contro di quanto ci abbia influenzati e cambiati come persone, rendendoci più consapevoli di noi stessi e di ciò che andiamo cercando.