Esserci nel presente per preservare il futuro
Il progetto di supporto psicologico nell’ambito della dell’Ecografia e della Diagnosi Prenatale, nasce per offrire uno “spazio” e un tempo speciale ai genitori di quei bambini per i quali, in epoca prenatale, è stato previsto un intervento chirurgico alla nascita o nei primi mesi di vita.
Sostenere i genitori in questo momento così delicato è importante per aiutarli a parlarne e a integrare questo momento nella propria mente. Fin dalla nascita del progetto, abbiamo constatato che questo non si rivolgeva ad un reparto soltanto, quello di chirurgia, ma seguiva il bambino e i suoi genitori attraverso i vari reparti, oltre le porte e i corridoi.
L’elemento che accomuna tutti i futuri genitori è la presenza concreta di quel confine a volte quasi impalpabile tra speranza e illusione.
Durante l’esame ecografia, si percepisce in modo evidente la forte ansia e a volte angoscia per la mamma e il papà per la diagnosi che in quel momento deve essere confermata.
La funzione dello psicologo, in quel momento è quella di aiutare il genitore a riconoscere che il proprio bambino, immaginato sano, è quello che appare sullo schermo e che presenta una patologia con una prognosi più o meno grave.
Molti genitori arrivano nel reparto di patologia ostetrica dopo alcune ore di viaggio, anche da fuori regione ma la stanchezza che mostrano non è mai legata al viaggio.
Ricordo una coppia di genitori originari di un’altra regione, che fin dal primo momento si sono affidati agli esperti e che dopo quasi un anno dalla nascita del loro bambino, nato con una malformazione e operato durante le prime ore di vita, mi telefonano ancora per salutarmi e chiedere di salutare tutti i medici che hanno conosciuto.
Il saluto attraverso il telefono costituisce un filo che lega, forse in modo un po’ concreto il presente con il rischio di vita che ha corso il loro bimbo e con la paura e l’angoscia passata. Questi genitori così come altri possono ricordare il passato forse con un po’ di commozione ma riescono a guardare senza angoscia il figlio sano che oggi hanno davanti.
Viene a costituirsi un “prima” e un “dopo” la nascita, il parto diventa l’evento centrale e concreto attraverso il quale il bambino pensato, immaginato e desiderato diventa reale. Spesso il loro bambino è in incubatrice e loro si sentono inutili e frustrati.
Sono in ansia per l’intervento e si affidano alle cure dei neonatologi aspettando di incontrare i chirurghi. Sembra che trattengano il respiro, sono momenti pieni d’angoscia fino all’intervento che costituisce un altro “prima” e “dopo” dentro di loro. Solo “dopo” però cominciano a riconoscere la speranza e il mio lavoro è quello di aiutare i genitori a mantenerla dentro di loro o cercare il modo per ritrovarla.
Durante il ricovero sostengo i genitori nella relazione con il loro bambino affinché si sentano mamma e papà; accolgo i loro racconti riguardo gli altri figli lasciati a casa e cerco di smascherare i sensi di colpa che facilmente si nascondono in queste situazioni di difficoltà.
Dopo tanti anni di lavoro in collaborazione con l’A.B.C., la spinta che mi ha portato a comprendere come aiutare i genitori e i loro bambini in un momento difficile della loro vita per evitare che interventi chirurgici, patologie croniche e invalidanti costituiscano un trauma
La collaborazione di tutti gli operatori con cui lavoro è fondamentale per creare modi, tempi, spazi e attività che possano costituire per alcuni genitori la risposta alle difficoltà del momento.
Il progetto è in crescita continua ma la direzione resta fermamente la stessa ed è indicata dall’immagine viva dentro di me di quella piccola bambina appena operata che con i suoi fili attaccati, come una cometa con la sua coda, segna la strada da percorrere, quella della speranza.