Il tempo dei volontari: i benefici de “l’arte dell’inutilità”

Il tempo dei volontari: i benefici de “l’arte dell’inutilità”

La protagonista della voce dei volontari di oggi è Agnese, una giovane ragazza, un giovane medico e una maglietta rossa di A.B.C. Agnese oggi ci racconta “il tempo dei volontari”, non voglio svelare nulla per non rovinare la lettura…

 

Nella dimensione in cui abitualmente viviamo predomina l’idea di impiegare il proprio tempo in attività produttive, nell’ottimizzazione delle risorse e del guadagno. Corriamo forse il rischio di dimenticare il valore del dedicare il nostro tempo in attività inutili come leggere una poesia, fermarsi ad ascoltare la storia di un estraneo o a impacchettare un regalo per i suoi figli?

 

Sgombrare il nostro tempo nella ricerca di qualche attimo da dedicare agli altri in modo gratuito, afinalistico e volontario potrebbe rivelarsi una vera risorsa.

 

È noto (ma forse non troppo) che il volontariato arreca dei vantaggi sia a chi ne usufruisce, ricevendo la compagnia, il supporto e l’accoglienza, sia a chi lo pratica. Vari studi riportano le benefiche conseguenze del dedicare il proprio tempo in attività solidali, dimostrando che i volontari hanno spesso una vita più sana, un più basso livello di depressione e un maggior senso di soddisfazione. Un interessante studio pubblicato su JAMA Pediatrics dimostra, ad esempio, che gli adolescenti attivi nel volontariato stanno meglio in termini di salute fisica e mentale.

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Nella mia vita, ci sono spesso più cose che voglio fare rispetto a quante io riesca a compiere. Nonostante la sensazione di aver “poco tempo”, da alcuni anni ho cercato di impiegare un po’ delle mie energie in attività di volontariato. Diventando parte del grande gruppo di A.B.C. ho avuto la fortuna di imparare a credere nel valore dell’impegno gratuito, del dare colore a momenti difficili e imprevisti della vita di molte famiglie.

 

Nel mio percorso di formazione medica ho spesso sentito la mancanza delle storie di vita reale, dell’incontro con le conseguenze che una diagnosi di malattia ha in una famiglia e dell’importanza del supporto, della vicinanza, dell’accoglienza: incontrare A.B.C. ha colmato alcuni di questi bisogni.

 

In questo senso, ho iniziato a pensare che varrebbe la pena “educare al volontariato”, cioè valorizzare, sensibilizzare e promuovere l’utilità che questo tipo di attività ha per il bene comune.

Dalla mia esperienza di volontaria (ancora poco approfondita) posso sentirmi di consigliare anche ai più giovani, ai più impegnati, ai più soli, ai più egocentrici e a chi inevitabilmente è in perenne ricerca di strumenti per stare meglio al mondo, di dedicarsi ad attività che permettano di mettersi a servizio degli altri. In questo modo, sacrificando un po’ del proprio tempo per un’inutile attività quale quella di impacchettare un pacco natalizio decorandone la carta al fine di renderlo più personale, prezioso e bello, è facile capire qualcosa in più su sé stessi, sul senso delle quotidiane priorità, sul valore del tempo. Il vero dono può consistere nell’inutile arte di impacchettare con cura il regalo di uno sconosciuto.

 

Abbracciando una visione di benessere comune e felicità pubblica che accetti la fragilità delle nostre vite e nell’accompagnare chi è in difficoltà nel proprio percorso potremmo trovarci inspiegabilmente più felici, più parte di una social catena, più rispettosi della vita degli altri e del loro silenzio, più vicini a un dolore che non è nostro ma ci può riguardare, più leggeri nel condividerlo, più in pace come umani.

Agnese