Ferite che guariscono
Il protagonista della voce dei volontari di oggi è Niccolò, una maglietta rossa che sta vivendo la sua esperienza di tirocinio formativo post-lauream insieme ad A.B.C.
Oggi Niccolò ci racconta di un’esperienza, che lo ha toccato e gli è rimasta nel cuore. Un contatto, una relazione, una vita che si ricorderà per sempre e che lo ha aiutato ad indossare occhiali diversi.
Ciao! Mi chiamo Niccolò, ho 26 anni e sono un tirocinante post-lauream di psicologia.
Oggi ho voglia di raccontarvi una delle esperienze che mi ha maggiormente colpito: all’interno del reparto di Chirurgia Pediatrica dell’IRCCS Burlo Garofolo c’era un ragazzino di 10 anni di nome G. che sarebbe stato ricoverato per un bel po’ di tempo. In quei giorni ci siamo potuti conoscere meglio e mi sorpresi di vedere quanti interessi avevamo in comune. Gli insegnai a giocare a backgammon, imparò molto velocemente, e ogni partita diventava sempre più competitiva e quando entravo in reparto non vedevo l’ora di giocare di nuovo con lui.
Arrivò il giorno in cui G. sarebbe stato dimesso, e G. mi disse “vuoi vedere la mia cicatrice?” non ebbi nemmeno il tempo di rispondere che lui già me la stava mostrando. La scena dall’esterno appariva così: la madre impallidita davanti alla cicatrice, G. con un sorriso a 32 denti e con un’espressione fiera teneva alzata la maglietta per scoprire lo stomaco, ed io che esclamo “Ma è fighissima”, lo dissi in maniera spontanea e d’impulso ma era vero! In quei giorni passati con lui mi sono reso conto della sua forza e di come riusciva ad affrontare quella situazione con coraggio. Voglio ricordare che il coraggioso non è colui che non ha paura ma colui che riesce a superarla. Davanti ai miei occhi era un guerriero e come ogni guerriero che si rispetti, aveva una cicatrice che può mostrare con fierezza e senza timore. Ci salutammo, era ora che G. tornasse a casa, non mancarono le lacrime e ad essere sinceri la notizia che G. sarebbe stato dimesso fu dolceamara perché ovviamente eravamo felici che tornava a casa ma allo stesso tempo eravamo tristi perché non ci saremmo più visti ogni giorno.
Se mi doveste chiedere cosa mi ha lasciato quest’esperienza sono le forti emozioni, delle emozioni che per poterle descrivere dovrei essere un poeta o uno scrittore. E quello che ho imparato è che nella vita si può affrontare tutto e che le uniche ferite che non guariscono sono quelle delle battaglie che non affrontiamo.