Prima di salire su una giostra
Quale significato assume l’attesa per la famiglia dei bambini chirurgici? Per i volontari? Mi chiedo se esiste una differenza tra l’attesa di ciò che conosciamo e di ciò che è sconosciuto.
L’attesa non inizia nel momento in cui il bambino varca la porta della sala operatoria… l’attesa inizia quando si manifesta un problema, quando viene detto ad alta voce che c’è qualcosa che non va ed è necessario intraprendere un percorso lungo. È l’attesa di ciò che sarà e soprattutto di quando finirà.
Vorrei portarvi con me in un’ulteriore riflessione: quando attendiamo qualcosa, è differente se è qualcosa di conosciuto oppure no? Per me si. Quando attendo qualcosa che conosco sono in parte più serena di quando mi trovo ad attendere qualcosa di cui non ho esperienza. Ma al contempo, quando attendo qualcosa che conosco provo maggior paura e si insinuano in me più pensieri e domande su come andrà e cosa accadrà. Forse perché oltre alla non sicurezza di ciò che sarà, c’è la paura di come potrà cambiare… sarà diverso da come me lo aspetto? I volontari di A.B.C. mi hanno condotta a questa riflessione nella loro attesa per il rientro in reparto. Ormai è passato un anno dal blocco delle attività in reparto, ma insieme a loro abbiamo sempre tenuta viva l’immagine delle stanze e dei bambini in ospedale, per essere pronti quando verremo chiamati. Nonostante molti volontari svolgano l’attività da diversi anni, ho sentito dell’incertezza e della paura. Sicuramente riferita alle norme sanitarie che si dovranno mantenere, ma anche rispetto a come sarà tornare in reparto. Questo mi racconta di quanto l’attesa e la paura in essa contenuta rischiano di logorare ciò che già c’è, mettendo in dubbio ciò che siamo e ciò che facciamo. Dobbiamo cercare di guardare in lontananza al nostro obiettivo ultimo, quello a cui vogliamo arrivare e non lasciare che durante il nostro viaggio, l’attesa e la paura ci scalfiscano ma al contrario ci fortifichino.
Bene, ora mettiamo tutto quello che ho detto in un mixer, accendiamolo…. e ok, ora possiamo in parte immaginare cosa vive una famiglia che affronta un percorso chirurgico. L’attesa del conosciuto o dello sconosciuto? La paura? L’insicurezza? L’ansia? Quante cose frullano assieme.
Voglio concludere lasciandovi un’immagine: provate a ricordare se vi è mai capitato, da bambini, di fare la fila per salire su una giostra o un gioco che vi piaceva tanto. Provate a ricordare se eravate lì insieme ad un amico/a. Stavate vivendo uno stato di attesa: c’era ansia di salire sul gioco, un pizzico di paura, energia, felicità. Stavate fremendo per salire su quella giostra e più si avvicinava il momento, più tutte queste emozioni salivano di intensità. Forse vi siete girati verso il/la vostro/a amico/a e avete preso la sua mano, l’avete stretta forte, per dire “siamo insieme e sarà bellissimo”. Quella stretta di mano vi ha permesso non solo di condividere un’esperienza, ma anche di sentirvi più sicuri nell’affrontare ciò che sarebbe avvenuto dopo poco.
Ecco, dobbiamo stringerci la mano e arrivare insieme all’obiettivo ultimo.