Ripartire…verso la normalità

Ripartire…verso la normalità

A fine febbraio 2020 le attività dell’Associazione all’interno del Reparto di Chirurgia sono state sospese a causa dell’Emergenza Covid. Da allora sono passati 8 mesi e a novembre siamo finalmente riusciti a ripartire con il progetto d’accompagnamento emotivo. Ma in che modo? Che cos’è cambiato? Se prima le difficoltà e i bisogni delle famiglie erano tanti, ora sono notevolmente aumentati.

In ospedale può entrare solo un genitore alla volta, in casi di necessità mamma e papà possono darsi il cambio ad intervalli minimi di quattro giorni cadauno con previo tampone. Ci si potrebbe chiedere: cosa può voler dire per i genitori affrontare separatamente l’intervento chirurgico del figlio? E cosa potrebbe voler dire per il bambino non avere vicino sia mamma che papà? Sono equilibri molto delicati che cambiano inevitabilmente in un contesto del genere. La comunicazione con l’esterno avviene principalmente tramite cellulare. In diverse circostanze è capitato che i papà si presentassero sotto la finestra della stanza del figlio per poterlo vedere e per poter farsi vedere. A tal proposito, mi viene in mente l’immagine di una bambina di un anno che non vedeva il papà da 2 settimane, quando finalmente la mamma ha potuto prenderla in braccio e portarla davanti alla finestra, le ha indicato il papà che nonostante vento e pioggia era lì fuori per loro. Nei giorni seguenti, la bambina indicando la finestra chiamava: “Papà!”.

I giorni passano lentamente e i pomeriggi senza i volontari sono ancora più lunghi sia per i pazienti che per i loro genitori. Nel caso in cui la mamma o il papà di bambini molto piccoli volessero farsi una doccia o avessero piacere di andare a prendere un caffè, devono chiedere ad altro genitore presente in stanza, ad un infermiere od OSS di poter stare con il figlio in loro assenza. Questo tipo di richieste c’erano anche prima del Covid ma venivano facilmente risolte data la presenza dei volontari. Ora, ove possibile, il tutto viene gestito internamente dal personale sanitario.

Infermieri, OSS e medici sono reduci da un periodo particolarmente duro e pesante. È evidente lo sforzo e l’impegno che ci mettono, cercando di non perdere il sorriso e di trovare il tempo per poter scambiare due parole con genitori e bambini (e vi assicuro che è un lusso anche per loro poter rimanere 5 minuti in più in una stanza al di là di terapie e medicazioni).

Sono piccoli spunti di riflessione alla fine di un anno surreale che ha avuto ben poco a che fare con la normalità. Vorrei concludere con la frase di un ragazzo di 17 anni che l’anno scorso alla mia domanda “chissà se quando tornerai a casa ti accoglieranno con una bella festa?!”, ha risposto così:

“Non mi interessano le feste. Vorrei solamente tornare alla normalità!”.